Lo spettacolo che si può godere nella
piazza di Persiceto (BO) la domenica di
carnevale è così tipico che sorprende
sempre il forestiero che vi assiste per
la prima volta, ma ancora di più diverte
i persicetani che il carnevale lo fanno
e quelli che vi partecipano sapendo cosa
aspettarsi.
Scriveva il Forni nella sua storia di
Persiceto in corrispondenza dell'anno
1893: "In una sol cosa i Persicetani,
nonostante le profonde dissensioni
politiche, si trovavano d'accordo e cioè
nel divertirsi e nel far divertire in
tempo di carnevale. Una società, fondata
già da molti anni, intitolata a Bertoldo
e che si aggregò l'altra già del ribelle
suo figlio Bertoldino, riunì soci di
ogni classe e di ogni partito ed indisse
corsi mascherati, feste popolari, veglie
danzanti, lotterie di beneficenza e
divertimenti popolari per modo che
mentre negli altri paesi il carnevale
era da gran tempo morto e sepolto, a
Persiceto riviveva con tanto brio come e
più che ai bei tempi antichi". Anche
oggi nel più che centenario carnevale
persicetano, "come e più che ai bei
tempi antichi". i carri allegorici
sfilano per le vie del centro preceduti
dal re del carnevale Bertoldo, con
Bertoldino, la moglie Marcolfa e la loro
corte. Sono carri progettati e
realizzati, nel corso di due o tre mesi
di serate (alacri e conviviali), da
folti gruppi di amici riuniti in una
decina di società carnevalesche.
Ma il bello è che i carri a Persiceto si
presentano in piazza camuffati e qui ad
uno ad uno effettuano al spel
(italianizzato: lo spillo), ossia la
trasfigurazione (l'antico vocabolario
del dialetto bolognese della Coronedi
Berti alla voce spel, accanto
all'accezione di "zampillo, schizzo", ne
annovera una apposita di
"trasfigurazione. Il trasfigurare, il
far mutare effige e figura; e lo diciamo
di que' giuochi che si fanno ne'
spettacoli"). I carri si trasformano
cioè completamente, svelando la propria
allegoria. Per mezzo di ingegnosi
meccanismi nascosti, appaiono forme
nuove, nuovi e più brillanti colori e
maschere e personaggi che recitano una
breve pantomima, il tutto accompagnato
da una studiata colonna sonora. Il carro
si fa così palcoscenico, la piazza
diventa teatro e la sfilata si muta in
rappresentazione. Dalla scatola chiusa
del carro, come dal cilindro di un
grande mago invisibile, può uscire di
tutto: angeli e diavoli, navi semoventi
e animali strabilianti, fiori bellissimi
e frutti giganteschi, grandi
raffigurazioni di personaggi famosi,
esplosioni, fumi di ogni colore ... E
anche da fuori del carro possono
arrivare stuoli di maschere a gremire la
piazza o carrelli e arnesi dalle fogge
più inconsuete; a completare il carro e
a dar corpo alla narrazione. Ed è in
questa magia che sta il fascino
principale del carnevale persicetano: è
impagabile il momento in cui, letta la
breve relazione introduttiva, il
presentatore pronuncia la fatidica frase
"il carro può eseguiire lo spillo". E'
come quando, bambini, si stanno per
aprire i pacchi dei regali. E ogni carro
è un nuovo pacco che si scarta. E i
carri sono tanti. E il pomeriggio si
riempie di sorprese. E le emozioni si
fanno applausi.
E sulla piazza scende dai carri una
dolce pioggia di caramelle e
cioccolatini.
La performance di ogni società
carnevalesca, che è in sostanza un
piccolo denso racconto satirico sul tema
prescelto dalla società tra quelli più
attuali del costume o della politica,
mira naturalmente a stupire e divertire
il pubblico, ma soprattutto la giuria.
Sono tre i giurati che assegneranno i
premi valutando in trentesimi ciascuno
dei tre aspetti di cui sono competenti:
pittura e scultura, architettura e
costruzione, soggetto e svolgimento.
La competizione tra le società
carnevalesche, con i lazzi e sfottò che
ne derivano, (è da non perdere lo
spettacolo della lettura dei giudizi
nella seconda domenica dei corsi), è
dunque un importante elemento della
manifestazione, che, unito alla
creatività, alla socialità e alla
satira, compone il fantastico gioco
mediante il quale, come ha scritto un
noto giurato : "una comunità di moderni
gioca con le sue radici rurali, sapendo
benissimo che è una finzione, sapendo
altrettanto bene che la finzione è sacra
quando si tratta di evocare la memoria,
la tradizione, l'identità".
Conclusa la prima domenica dei corsi
mascherati nella quale hanno sfilato con
la loro creatura ed eseguito lo spillo,
i carnevalai persicetani vivono una
settimana d'ansia. La domanda che tutti
si fanno nelle società è sempre quella:
"avranno capito?". Chi doveva capire,
ovviamente, sono i tre membri della
giuria e quello che dovevano capire è il
significato del carro.
Naturalmente si sa già se qualcosa non
ha funzionato durante lo spillo, se un
meccanismo si è incagliato (non a caso
una vecchia società carnevalesca aveva
scelto per sè il nome scaramantico Gnént
s'incaglia - niente s'incaglia), se
quella struttura si è aperta troppo
presto o troppo lentamente. E son cose
che succedono, eccome. E si son visti,
anche recentemente, pezzi d'uomini
lacrimare su foltissimi baffi per queste
cose!
I voti sono in trentesimi, come
all'università. Ma prima dei voti viene
il giudizio. E la lettura dei giudizi
espressi dalla giuria per ciascun carro
è il secondo grande spettacolo, dopo lo
spillo, del carnevale persicetano.
Bisogna averlo visto questo spettacolo,
la seconda domenica dei corsi, per
capire lo spirito che anima questo
storico carnevale. Il carro è fermo in
mezzo alla piazza, sopra e intorno è
schierata la società al completo. Il
presentatore apre la busta, per un
attimo la sua abituale logorrea si
placa, un breve silenzio denso di
aspettative cala sulla piazza. Poi
inizia l'attesa litania: "Giudizio per
architettura e costruzione: buona..., -
e giù un urlo dal carro - o ottima... -
allora è un boato -, o povera... - facce
deluse, qualche fischio -, la tale
costruzione o architettura, eccetera.
Punteggio: X trentesimi - frastuono o
marasma, a seconda del punteggio, sopra
e intorno al carro". Si prosegue col
giudizio degli altri due esperti, quello
per "pittura e scultura" e quello per
"soggetto e svolgimento". E i carristi
coi sensi allo spasimo assaporano
centellinandola ogni parola della giuria
e s'inebriano della dolcezza dell'elogio
o soffrono l'amarezza della critica, e
rivivono le scelte progettuali, la
costruzione del carro, l'andamento dello
spillo, e si ripromettono di smettere,
anche se sanno che l'anno dopo ci
saranno perchè sono emozioni imperdibili.
E se si sono classificati al primo
posto, allora la festa sarà grande e
sarà bello andare al processo del lunedì
alla bocciofila a incontrare quei
giurati che hanno capito tutto, per loro
(i vincitori) e quasi niente per gli
altri.