Le prime notizie sul Carnevale veneziano
si trovano in leggi dello Stato, in atti
privati o in cronache di feste,
documenti nei quali lo si nomina facendo
riferimento all'interpretazione
cristiana del termine latino carrus
navalis, carri processionali a forma di
nave, usati a Roma nei riti di
purificazione e scongiuri, che si
celebravano in febbraio, ultimo mese del
calendario romano. Ma secondo altri
documenti, interpretati da illustri
studiosi, sembra che il nome derivi dal
latino carnem levare (togliere la
carne), in riferimento all'antica
tradizione medievale di celebrare, al
termine di un lungo periodo di dedicato
ai divertimenti, un banchetto "d'addio
alla carne" la sera precedente il
mercoledì delle ceneri, in previsione
dei digiuni e delle penitenze
quaresimali.
Nel 1296 il Martedì Grasso viene
dichiarato festivo dal Senato. A Venezia
il Carnevale abbracciava un periodo di
tempo assai lungo, con un'anteprima ai
primi di ottobre in coincidenza con
l'apertura dei teatri. Il Carnevale vero
e proprio iniziava il giorno di Santo
Stefano, quando il Governo dava la
licenza di portare la maschera. I
festeggiamenti culminavano il Giovedì
Grasso e si concludevano il giorno
antecedente il Mercoledì delle Ceneri.
Dalla metà del '400 alla fine del '500
l'organizzazione delle feste
carnevalesche era demandata alle
Compagnie della Calza, associazioni di
giovani patrizi contrassegnate da calze
divise a quartieri di diversi colori.
Carnevale significava rappresentazioni
nei teatri, nei palazzi, nei caffè e nei
ridotti, ma soprattutto era un clima di
festa diffusa in cui popolari e nobili
in maschera si mescolavano a ballerini e
ciarlatani, a venditori di balsami e di
mele cotte, a comici dell'arte e
incantatori di serpenti. In questo clima
di festa la maschera rappresentava
l'unica possibilità, in una società in
cui esistevano barriere sociali, di
essere considerati tutti uguali. Il
travestimento più usuale a Venezia nel
Settecento fu la bauta che consisteva
nella larva (maschera inizialmente di
color nero, poi bianca di tela cerata),
nella bauta propriamente detta di merlo
e velo, nel tricorno (cappello nero a
tre punte) e nel tabarro nero (mantello
di seta o lana). Indossavano queste
maschere per diventare delle persone
anonime che potevano disperdersi per la
città e frequentare degli ambienti che
generalmente non erano del loro ceto e
poter confondersi e mescolarsi fra di
loro. Aveva delle caratteristiche che
permetteva loro di bere e mangiare senza
mai doversi togliere la maschera.
Numerosi erano i riti e le cerimonie
inizialmente di derivazione pagana che
si trasformarono poi nella celebrazione
della potenza e della grandezza della
Serenissima. Nella Macchina dei Fuochi
si identificava la guerra, nelle Forze
d'Ercole la destrezza dei veneziani
nell'espugnare le mura di Aquileia, nel
Ballo della Moresca la battaglia, nel
Taglio della testa al toro la giustizia,
nel Volo dell'Angelo la pace.
Nel 1979 alcune associazioni cittadine
hanno ridato vita ad una tradizione
ormai abbandonata sostenute
dall'entusiasmo e dalla partecipazione
della città. Da allora, prima
l'Amministrazione Comunale poi il
Comitato del Consorzio per il Carnevale,
organizzano e promuovono le
manifestazioni carnevalesche che si
svolgono a Venezia e nella Terraferma
nei dieci giorni antecedenti il
Mercoledì delle Ceneri.